Dall’AG all’alpinismo –

I giovani nel Cai

Articolo di Francesco Bruschi – Cai Firenze

L’articolo di Francesco Bruschi, è l’esempio di quello che intendo per lasciare spazio ai giovani. Le riflessioni che si trovano sono profonde ed attente di una realtà, quella del CAI, che anche loro sanno analizzare con senso critico, ma al tempo stesso con senso di appartenenza. Ragazzi come lui, e ce ne sono tanti altri, vanno messi alla guida della politica giovanile del CAI, gli va data responsabilità.
Quando proposi un anno fa di appoggiare la sua iniziativa di scalare il Monte Bianco, partendo da Firenze in bicicletta e senza usare mezzi di risalita, vidi già solo nell’idea le potenzialità di due giovanissimi ragazzi (19 e 22 anni) che sono quello che serve al CAI. Al CAI servono anche dirigenti che sappiano lasciare il giusto spazio ai giovani. Antonio Montani

Non è mai facile ritornare con la mente indietro negli anni ma a volte è importante ricordare il passato ancora prima di pensare al futuro. Perciò, colgo al balzo l’occasione e ripenso con immensa nostalgia alla limpida fanciullezza ormai da diciottenne.

Mi accorgo improvvisamente di quanti viaggi e di quante avventure invernali e estive immerso nella natura avevo avuto
la fortuna di vivere mano nella mano dei miei genitori, senza alcun obbligo, ma solo e soltanto col piacere di essere lì alla ricerca di un raro animale selvatico, alla ricerca di un silenzioso bosco immerso fra le alte rocce delle montagne, alla ricerca di una via non ancora scalata da nessuno con gli occhi rivolti verso il confine fra le guglie rocciose e il cielo, alla ricerca di una sfida profonda e sincera con sé stessi, e non certo con gli altri, con l’intento passo dopo passo di andare oltre senza mai dimenticare la sicurezza e con la consapevolezza di essere in fin dei conti alla ricerca di un qualcosa che forse non riusciremo mai a trovare.

Quando qualche anno dopo mi iscrissi alla sezione del Club Alpino Italiano Giovanile di Firenze non avevo poi chissà quale intento, anche perché nel mentre in quegli anni giocavo a calcio professionistico e avevo anche l’impegno per qualche anno dell’atletica a livello regionale e nazionale, perciò al tempo a spingermi era una voglia immensa di scoprire in ogni
suo lato la montagna.

Fin da subito cominciai a conoscere tanti tanti ragazzi spesso più grandi di me, seppur con la voglia comune di respirare un’aria genuina lontano dalla città, ripensarci oggi con la consapevolezza che alcuni fra loro adesso respirano fumo di sigarette ai lati di qualche strada un po’ mi rammarica, ma che lo si voglia o no la vita è anche fatta di scelte e ognuno, prima o dopo, si ritrova a fare le proprie con la speranza che siano le migliori per la sua vita.

Quanto però voglio dire è che i ragazzi non mancavano, almeno a Firenze, il problema è arrivato poi con il tempo quando gli stessi ragazzi da assidui frequentatori sono cominciati a mancare senza un apparente motivo.

Ma per quanto mi riguarda, pur avendo ormai lasciato andare il percorso del Club Alpino Italiano Giovanile da diversi annetti con l’aspirazione di viaggiare verso altri lidi con il bagaglio di formazione tecnica, ma anche e soprattutto umano, da loro donatomi, quello all’interno del gruppo giovanile del Club Alpino Italiano di Firenze è stato davvero un percorso di formazione indimenticabile grazie alla condivisione con gli altri ragazzi, fra tutti l’amico inseparabile ormai compagno di tante tante avventure Francesco Tomè, uno dei pochi, anzi pochissimi, rimasto fino alla fine, e alle figure imprescindibili degli accompagnatori ormai sempre in minor numero ogni anno che passa.

Infatti, al di là del proseguire inesorabile degli anni non è certo facile far fronte alle difficoltà burocratiche legate anche alla responsabilità delle loro figura di fronte alle famiglie di tanti ragazzi considerando anche le restrizioni legate magari a qualche avvenimento di cronaca concernente alcuni incidenti più o meno gravi durante le uscite di alcune sezioni giovanili in
Italia.

Pur essendo un discorso complesso e delicato vorrei riuscire a lasciare ai lettori un concetto a mio modesto avviso importante sulla responsabilità. Nonostante le leggi statali e civili non consentono di agire così liberamente fino ai fatidici diciotto anni di età è al contempo vero che quando si è in montagna, col passare degli anni, si deve cominciare a comprendere che la responsabilità ricade spesso e volentieri sul singolo e che in certe situazioni si devono avere delle capacità per riuscire a cavarsela anche da soli muovendosi sempre con attenzione scrupolosa e con rispetto assoluto verso la montagna.

Ma prevenire anziché curare è importante, magari non per tutti gli appassionati, ma per coloro che fossero propensi a intraprendere un percorso spiccatamente alpinistico sarebbe importante accedere ai corsi di formazione più tecnici anche prima dei diciott’anni di etá, senza dubbio è difficile, però consentirebbe a molti di avere una formazione più dettagliata e accurata sulle diverse nozioni per svolgere certe attività.

Anche perché al ragazzo quando viene proibito un qualcosa se è
coscienzioso vede di imparare comunque in un’altra maniera in sicurezza, ma qualora sia impulsivo potrebbe anche imparare delle nozioni sbagliate che una volta in ambiente diventerebbero pericolose per la sua stessa vita.

In questo penso che il Club Alpino Italiano abbia una delle più grandi sfide negli anni a venire, ponendolo infatti come istituzione al pari di una scuola, è importante che si riesca a creare una classe di studenti eccellenti dotati di senso critico, teorico e pratico senza lasciarsi frenare e limitare da un eccessivo militarismo capace di inibire la creatività di un ragazzo volenteroso di imparare e di vivere certe esperienze in montagna, viste magari dagli occhi di alcuni impensabili o estremamente pericolose.

Non vuole significare che ogni sezione giovanile debba diventare un percorso settoriale di solo alpinismo per un ristretto gruppo di ragazzi, anzi è bene dire che per chi vuole vivere in un certo modo la montagna penso davvero che il Club Alpino Italiano riesca a fornire già adesso un sacco di agevolazioni sia a coloro che vivono da anni la montagna sia a coloro che da poco tempo si approcciano all’ambiente montano ritrovando in un’istituzione così un punto di riferimento imprescindibile, poi chiaro che va a ogni sezione l’impegno di svolgere durante i programmi annuali delle attività quanto più efficienti e soddisfacenti per tutti i soci.

Ma quanto invece vuole significare il discorso è che manca per certi aspetti un percorso spiccatamente alpinistico una volta finito quello in una sezione giovanile che abbia l’intento di garantire ai giovani una formazione impeccabile senza per forza attendere anni e anni e che stimoli gli stessi alla ricerca di avventure, vicine o lontane che siano, senza porre bastoni fra le ruote alla loro vena creativa e alla loro voglia di andare oltre.

Ma ritornando al discorso di poco fa, l’importante non è quindi solo riuscire ad attirare i giovani, ma anche e soprattutto non lasciarli andare via una volta presi con sé. Troppo, troppo spesso ripensando agli anni scorsi é capitato di vedere lasciare a metà un percorso cominciato magari da bambini perché la voglia e gli stimoli finiscono col passare degli anni.

Allora perché continuare a fare fatica e a versare passo dopo passo una goccia di sudore nella speranza di riuscire a vedere uno scorcio di paesaggio una volta arrivato in cima a una
qualche montagna e poi magari una volta lì arriva pure la nebbia a rendere vano ogni sforzo.
Non è affatto utile e non serve a niente, in fin dei conti già questo ad oggi è un validissimo motivo per mollare tutto, per gettare la spugna, per rinchiudere i propri sogni in delle catene
lanciando via la chiave una volta e per sempre.

Allora invece di sprecare gli anni della gioventù meglio lasciare tutto e andare a divertirsi altrove.

Poi però non rimaniamo stupiti nel rileggere le parole di Walter Bonatti dedicate alla condizione dell’essere umano nelle città:
“L’essere umano vive in città, mangia senza fame e beve senza sete, si stanca senza che il corpo fatichi, ricorre il proprio tempo senza raggiungerlo mai. E’ un essere imprigionato, una prigione senza confini da cui è quasi impossibile fuggire”.

Non voglio assolutamente insegnare niente a nessuno, non spetta certo a me, e poi in montagna in fin dei conti si va a
imparare una grande lezione, anche perché se davvero si vuole eccellere in qualcosa occorre comprenderlo fino in fondo, appassionarsi a esso e accettare con umiltà che talvolta, anzi
spesso, siamo dei principianti o degli studenti e nonostante ciò non dobbiamo mai smettere di voler imparare perché solo allora si comincia a migliorare davvero in montagna e nella vita.

Un aspetto senza alcun dubbio di rilievo è chiedersi quanto effettivamente si investa nelle sezioni giovanili non solo a livello nazionale perché immagino sia piuttosto complicato stare dietro a un simile impegno, ma anche e soprattutto a livello di singola sezione, quanta cura e dedizione riserviamo ai giovani e anche se un po’ a malincuore penso non sia mai abbastanza.

Non penso tuttavia manchino i giovani volenterosi di vivere la natura, sognatori di piccole o grandi avventure, anche se certamente non saranno mai il numero di quelli che invece
aspirano ad altro, non parlo certo dei giovani che ogni sabato sera vanno a divertirsi in discoteca in mezzo al rumore assordante, non che ci sia qualcosa di sbagliato, anzi, semplicemente parlo a quei ragazzi che, nonostante gli impegni della vita, di sabato sera preparano pensierosi lo zaino in procinto a partire alle 04:00 del mattino, mentre gli altri in quello stesso momento ritornano se va bene verso casa dai club, verso un luogo silenziosamente assordante niente meno della montagna.

Perciò l’importante è non lasciarli andare questi ragazzi una volta che intraprendono il percorso, certo non dipende solo al Club Alpino Italiano se un ragazzo decide di dire basta, ma sicuramente gioca un ruolo fondamentale specie da piccoli l’essere incantati da certi ambienti, l’essere impegnati in
un’attività soddisfacente nonostante la fatica, l’essere incuriositi da certe storie risalenti agli alpinisti del passato.

Se è vero che ognuno ha il suo carattere è al contempo vero che ognuno di noi dovrebbe talvolta uscire dall’ordinario, anche per un solo giorno, essere accompagnato mano nella mano a scoprire nuove terre aprendo così gli occhi su ciò che là fuori è veramente straordinario.
Inoltre, pur non essendo banale riuscire a proporre qualche altro provvedimento da prendere in considerazione un domani è senza dubbio importante creare qualche collaborazione con le scuole pubbliche italiane non parlo delle scuole secondarie di primo e di secondo grado, piuttosto a quelle primarie, per intendersi le scuole elementari, vedere qualcosa fuori dall’ordinario riesce a mio avviso a colpire ancora di più nel cuore di ognuno a quell’età, senza alcun obbligo o imposizione ben inteso, ma con l’umile intento di fargli vivere qualcosa di diverso dalla grigia quotidianità e con la speranza che uno fra tutti riesca a voler vivere più volte nel corso dei mesi simili esperienze.

Ogni sezione giovanile della penisola una volta rafforzata può essere libera di creare qualcosa di simile nelle scuole del proprio territorio riuscendo a svecchiare gli antiquati modus operandi e riuscendo invece a fargli brillare gli occhi dalla voglia di provare a partire senza considerare affatto il dove almeno per quel momento.

Poi qualora l’afflusso cresca di pari passo a farsi più pesante è anche l’impegno di ogni sezione affinché si riesca a educare ognuno di loro, senza rimuovere in alcun modo un simile impegno ai genitori, in ogni aspetto del vivere la montagna, col passare degli anni sarebbe davvero meraviglioso creare, senza illudere nessuno, una realtà tangibile di possibilità per i giovani che sognano mattina e sera di vivere di una passione così lontana dalle distrazioni di tutti i giorni, così inutilmente utile, così vera e sincera, perchè ognuno di noi se lo merita e vorrei che una volta ogni tanto in un mondo di false amicizie di comodo non vincesse il migliore, ma chi merita con umiltà, impegno e sacrifici.

Non voglio avere la pretesa di cambiare tutto e tutti ma in fin dei conti ritengo doveroso provarci, nonostante poi possa uscirne un mero tentativo infruttuoso, e non è poi così diverso dalla montagna: provare, fallire, riprovare ancora e fallire meglio con la consapevolezza che ciò che conta è provarci fino alla fine, non importa solo e soltanto il fine e l’utile, ma anche l’inutile importanza dei sogni di ogni ragazzo non può che essere un nostro onere e un nostro onore avere la premura di accompagnarli passo dopo passo anche nella comprensione che alla fine dei giochi è la passione se mai avverrà a condurti al successo, e badate bene non parlo di mera fama, ma di vivere ogni giorno intensamente senza nemmeno avere sulle proprie spalle il peso del lavoro perché quando la passione diventa lavoro allora ogni mattino della vita senza alcun dubbio avrà un sapore davvero diverso, ma affinché avvenga ciò mai smettere di sognare, mai e poi mai, invece, è concesso strascicare forzatamente le catene dei propri sogni poiché in fondo ricordando il poeta portoghese Fernando Pessoa

“Non sono niente. Non sarò mai niente. Non posso volere d’essere niente. A parte questo, ho in me tutti i sogni del mondo…”

Francesco Bruschi