Un “semplice” socio
Lettera aperta di un socio e dei problemi in sezione
Riflessioni di Antonio Montani
Buongiorno,
mi chiamo Damiano, premetto che sono solo un socio “recente”, appena qualificato e di prima nomina in un consiglio sezionale. Volevo cogliere l’occasione offerta, per confermarle innanzitutto che i contenuti su di cui lei si sta concentrando, sono proprio quelli che percepiamo anche noi come temi da fronteggiare al momento.
- Comunicazione: in effetti la rivista sembra una lontana parente delle pubblicazioni che l’hanno preceduta……sull’
opportunità di abbandonare il cartaceo si può essere d’accordo, ma nel caso in cui si voglia mantenere invece un “pezzo di carta” di livello che venga voglia di collezionare e che possa essere usato anche per mostrare l’autorevolezza del CAI, suggerisco di dare un’occhiata al modello de “Le Alpi Venete” che lei certo conoscerà…
- Sentieristica: l’offerta attuale di “portali” per l’outdoor è molto alta, ce ne sono già di tutti i tipi e per tutte le passioni, credo che la strada corretta sia quella già intrapresa di valorizzare “ufficialmente” i contenuti OSM (con licenza aperta) taggandoli ed in questo modo dandogli ufficialità, sulla base di questi dati possono essere invece incoraggiati sviluppi software che procedono per obiettivi…non andrei a finanziare l’ennesimo portale o l’ennesima APP, la quale poi presenterebbe inevitabilmente il conto sotto forma di necessità di manutenzione, aggiornamento continuo. (vedi modelli Open Data)
- Alpinismo: ecco la nota forse più dolente! “sparito dalle attività sezionali per questioni di responsabilità: dobbiamo tornare a praticarlo” … lei con queste parole si è espresso perfettamente! Io stesso sono testimone del “miracolo” che solo il CAI poteva fare, non avevo mai pensato di praticare Alpinismo prima di conoscere la mia Sezione, che mi ha aperto questa possibilità; solo in seguito ho deciso di iniziare un percorso di formazione, ma se non ci fosse stata la disponibilità dei soci, il costo di un buon corso di formazione, che sia con organo tecnico CAI o con guida alpina, sarebbe stato oggettivamente un deterrente. Ben vengano quindi accordi con le Guide Alpine e la valorizzazione degli organi tecnici formativi, ma occorre trovare un modo di restituire serenità all’ambiente interno alla Sezione, dove praticare se non un corso, almeno un per-corso di avvicinamento alla materia ed alla cultura alpinistica
- Giovani: le problematiche riscontrate nell’avvicinare la platea giovanile forse discendono anche in parte dalle considerazioni di cui al punto precedente: nella nostra esperienza sezionale abbiamo toccato con mano che non sono particolarmente attratti dal CAI, che viene messo (o si è messo?) sullo stesso piano di tante altre associazioni dedite al “trekking”(!) e quindi non offre particolari attrattive. Ovviamente il CAI non è solo Alpinismo ma l’alpinismo può essere l’incentivo per attrarre i giovani che avranno tempo di maturare la propria esperienza ed appassionarsi ai tanti temi che, non dimentichiamolo, anche il legislatore ci assegna.
Una ultima considerazione, sia a livello nazionale che sezionale… spesso si inizia una assemblea, un articolo, etc…partendo dal “numero dei soci”; se questi sono aumentati son sorrisi, se sono diminuite giù a scervellarsi sulle cause…ma QUALI soci vogliamo??? In compagnia di chi vogliamo arrivare in vetta?
Un saluto
Damiano
Riprendo un punto del commento del socio Damiano (con il quale mi trovo in completo accordo) per lanciare una sorta di sfida in merito alla partecipazione dei Ragazzi alle attività (non li chiamo Giovani proprio per rimarcare la necessità di un cambio di visuale nei loro confronti).
Possiamo puntare a rendere “figo” trovarsi al CAI per i ragazzi. Il che non significa attuare una cosmesi giovanilistica, ma rendersi attrattivi parlando una lingua differente, meno paludata, più aperta alla novità e meno arroccata sulle proprie convinzioni.
Si può investire sie nella fascia di età dei più piccoli coinvolgendo le famiglie (l’esperienza del Family CAI – per chi la conosce – ha avuto ottimi riscontri) e contemporaneamente avviare corsi di avvicinamento a TUTTE la discipline legate alla montagna per i ragazzi (maggiorenni e non), avvalendosi delle Guide Alpine la dove gli Istruttori non bastassero o non fossero disponibili.
In merito al supporto delle Guide Alpine proporrei un’ulteriore riflessione: è vero costano rispetto ad un istruttore volontario, ma come vogliamo impiegare le risorse economiche delle sezioni? Il nostro scopo primario non è avvicinare le persone alla Montagna? Perché allora non investire risorse economiche in questo scopo?
Certo, gli Istruttori e gli Accompagnatori rimarranno sempre la colonna portante delle attività, ma è così “disdicevole” pagare un professionista per aiutarci?
Perché per tutti gli altri interventi (dal Termotecnico al Notaio) riteniamo lecito servirci di un professionista del suo settore, e quando si tratta di Montagna abbiano questa ritrosia?