Escursionismo
Articolo di Marco Lavezzo presidente CCE
Riflessione di Antonio Montani
L’Escursionismo è una particolare forma di frequentazione che si concentra sulla conoscenza e sul godimento della natura, del paesaggio, del territorio. Che, a differenza del turismo (dove, raggiunta una località è anche possibile fermarsi per conseguire fini di svago), si caratterizza per l’andare: il camminare, il muoversi è ciò che descrive l’attività stessa; nell’escursionismo il “viaggio” è la meta.
Escursionismo con il CAI non è solo camminare: secondo il dettato statutario, non si va in montagna “per” conoscerla, non si frequenta la montagna “per” difenderla, non si conosce l’ambiente “perché” lo si frequenta. Frequentare, conoscere e tutelare non sono in reciproco rapporto ancillare: sono i tre pilastri che reggono l’attività. In questo sta il fascino dell’Escursionismo CAI.
Grazie agli Accompagnatori e alle Scuole, il CAI assolve alla propria missione educativa: chiunque si accinge a una pratica escursionistica deve conoscere l’ambiente che frequenta, le tecniche di frequentazione, gli effetti della sua frequentazione.
L’escursionista si prepara. Non tralascia gli aspetti tecnici né quelli logistici; si informa sulle condizioni ambientali e sulle emergenze naturali, storiche, culturali del territorio.
L’escursionista è guidato da due fari: sicurezza e rispetto. Rispetto del lavoro di chi in montagna vive e lavora, rispetto della natura, rispetto per se stessi e per gli altri fruitori della montagna. Alla cultura ambientale si accompagna la cultura della sicurezza.
La Commissione Centrale per l’Escursionismo, le Scuole e gli Organi tecnici territoriali gestiscono e propongono “l’Escursionismo in ogni sua manifestazione”: all’escursionismo classico sui sentieri si affiancano le vie attrezzate e le ferrate, le ciaspolate in ambiente innevato, le cicloescursioni in mtb, l’escursionismo adattato con joelette e hand-bike per i disabili motori, la gestione di gruppi particolari come i Seniores e di supporto alla Montagnaterapia. Un caleidoscopio di attività legate dalla comune passione per l’ambiente e dalla condivisione dell’autentico spirito escursionistico.
Marco Lavezzo Presidente Commissione Centrale per l’Escursionismo
Lo scritto del presidente Lavezzo descrive molto bene lo spirito che anima l’escursionismo per come lo intende il CAI. Questa attività vive sostanzialmente all’interno delle attività sezionali, ne rappresenta l’ossatura principale.
La “concorrenza” di altre associazioni, le sempre maggiori responsabilità nell’accompagnamento, i lunghi e impegnativi percorsi formativi per i titolati sono le maggiori problematiche che si manifestano.
Di contro la qualità dell’offerta escursionistica, che è pratica prima di tutto culturale, deve continuare a essere il tratto distintivo dell’attività svolta con il CAI. Ma detto questo, quali sono le problematiche e le difficoltà di chi dentro le sezioni organizza questa attività?
Cosa può fare la sede centrale per rendere più agevole il lavoro di tanti volontari che portano ogni domenica migliaia e migliaia di appassionati o neofiti in escursione sulle montagne italiane?
Antonio Montani, Vicepresidente Generale CAI
Abbiamo una difficoltà terribile alla costituzione di scuole di escursionismo che permettano di qualificare e contestualmente motivare i tanti appassionati nelle sezioni.
Sono anni cerco un escamotage per costituire una “scuola del ponente ligure di escursionismo”.
Purtroppo lo scoglio di avere un ANE come direttore della scuola, risulta insormontabile, nonostante le decine di qualificati presenti nelle sezioni savonesi ed imperiesi.
Grazie Paolo che hai sollevato un problema che è proprio delle nostre zone (savonese e imperiese)
Paolo Biglietti,ti capisco e lo scoglio di avere un Ane è ancora una volta il livello burocratico che abbiamo nel cai, sappiamo tutti che un Ae con modulo ferrata e neve è come avere un Ane…ma io sono presidente di sottosezione e sono un ASE,e in questi ultimi anni con amici Ae abbiamo fatto dei corsi di avvicinamento alla montagna in tutti i suoi aspetti (ferrate,neve, orientamento,ecc) senza per forza avere una scuola,e con grande successo
Ciao Paolo, l’introduzione della norma che impone alle scuole di avere un ANE quale Direttore è stata introdotta pochi anni orsono . Ho sempre pensato
che fosse solo funzionale a imporre la presenza di persone che diversamente non avrebbero trovato tale collocazione. Perché sono sempre stati più i problemi che tale norma ha portato che le opportunità. La diffusione delle scuole va in sintonia con gli obiettivi della Associazione; l’inserimento di paletti burocratici va nel segno opposto.
Armando Lanoce – su Facebook 2/04
Riprendere a fare l’escursionismo come tale !!
Ofelia Hattori Hanzo – su Facebook 2/04
a me piaceva quando un tempo c’erano le gite con i pulman, era una cosa che permetteva a tutti di andare in montagna
Alessandro Ducci -su Facebook 2/04
A mio parere il percorso formativo è tutt’altro che impegnativo e lungo. Anzi, durante il corso AE secondo me vengono trattati in modo troppo superficiale tutti gli aspetti culturali dell’andare in montagna. Ed è così che lasciamo spazi alle varie associazioni o agenzie che organizzano uscite, escursioni o trekking veri e propri. Siamo molto più bravi tecnicamente ma lacunosi sugli argomenti culturali, naturalistici e antropologici, e spesso queste distanze si sentono. E fanno la differenza.
Antonio Montani – su Facebook 2/04
Alessandro Ducci, credo che il tuo commento sia in linea con quanto scritto da Armando, purtroppo la cultura si statifica nel tempo e non si può insegnare in un paio di lezioni. Ma è proprio su questo che dobbiamo lavorare, insistere e perseverare, la qualità dell’offerta escursionistica che si DEVE trovare nel CAI.
Che attenzione, non confligge per nulla con il divertimento e il piacere della compagnia.
facebook 2/04
Antonio Montani sono molto d’accordo. Proprio per questo secondo me la formazione dovrebbe insistere su questi temi. Al limite, anche organizzare giornate a cui partecipare in forma volontaria potrebbe essere utile e una spinta verso la curiosità e la conoscenza. So che abbiamo dentro la nostra associazione (scusami tanto ma sodalizio è un po’ polveroso 😊) competenze eccelse, è l’ora di spenderle.
E tanta, tanta attenzione alla comunicazione. Perché sapere molto ma non riuscire a trasmettere questo sapere è quasi altrettanto inutile che non sapere.
Facebook 2/04
Caro Alessandro, sono perfettamente il linea con il tuo pensiero, sono infatti fermamente convinto che il CAI, non tanto in quanto sede centrale ma con le sue sezioni abbia in attivo una miriade di iniziative che se promosse come “best practice” per le altre sezioni potrebbero portarci ad avere un patrimonio sconfinato di conoscenza e competenza. Tuttavia queste piccole perle locali si perdono, forse per la grandezza dell’associazione in termini di numeri o forse perchè ancora siamo improntati a pensare al proprio orticello. Credo innanzitutto sia questo il punto da sviluppare: divulgare quanto si fa di buono e fornire a tutti gli altri gli strumenti per poter sviluppare attività analoghe. Allo stesso tempo il “polveroso” di sicuro non rende accattivante la nostra comunicazione all’esterno facendoci perdere sicuramente appeal soprattutto verso le nuove generazioni. Per questo penso che non ci sia offesa nel definirci anche con alcuni termini non particolarmente lusinghieri: solo capendo il problema ed essendone consapevoli possiamo trovare una soluzione.
Facebook – 2/04
tutto è iniziato con la diffusione di siti internet con database di escursioni, con tanto di tracce, carte e relazioni ci ha abituato ad andare da soli facendo a meno del CAI, tendenza che si è aggravata con il covid e con il proliferare di altre associazioni e di professionisti freelance che organizzano e ben pubblicizzano .. anche all’interno delle sezioni e sempre più un problema trovare la quadra tra i gusti e la preparazione dei singoli, quindi la gita x sarà sempre troppo corta per uno, troppo lunga per l’altro.. non vorrei essere drastico ma penso che la gita CAI per come la conoscevamo sia in via di estinzione.. quello che il CAI può fare semmai e implementare i propri servizi all’escursionista: manutenzione sentieri, rifugi, scuole e pubblicazioni, la gita sociale può ancora avere un ruolo formativo per il principiante, anche per non mettere troppo nelle grane l’accompagnatore titolato laddove si vada nel “difficile”, ma pare inevitabile che quando si alza l’asticella la gita sociale CAI sia destinata ad essere soppiantata da uscita in piccolo gruppo di livello omogeneo o ricorrendo alla guida alpina.. ormai ci vuol fegato per un direttivo ad approvare in calendario e a trovare un capogita per mandare la gente più in su di un F ..anche perché tanto ci vanno da soli ..
Facebook 2/04
Simone Delmonte eh sì Simone, ci vuole fegato, ma tu hai presente lo sguardo, gli occhi pieni di stupore di una persona che hai portato a fare una cosa che non pensava di essere in grado di fare?
Penso altrimenti 4000 o semplicemente una notte in rifugio, credo sia lì che il CAI debba investire, in fondo è l’art. 1 dello statuto “promuove l’alpinismo, in ogni sua forma”
Vorrei sollevare la questione degli accompagnatori professionisti (guide ambientali e altre figure) in un’ottica diversa da quella che ci vede abitualmente classificarli come “concorrenti”, magari con l’accusa più o meno velata di essere impreparati, o per lo meno meno preparati dei nostri accompagnatori.
In realtà io credo che sia assolutamente positivo che la montagna e l’escursionismo più in generale possano dare lavoro a persone appassionate come credo che siano la grande maggioranza degli accompagnatori professionisti. Credo anche che siano tanti i nostri soci che si avvalgono più o meno occasionalmente dei loro servizi, e so per certo che non poche guide sono nostri soci. Forse sarebbero più numerose se trovassero un ambiente più accogliente.
Qui vengo alla proposta, io credo che il CAI dovrebbe valorizzare di più il ruolo dei Soci che svolgono l’attività di guida ambientale, allo stesso modo con cui riconosce la specificità di chi svolge l’attività di Guida Alpina. Si può immaginare un percorso che porti alla costituzione di una Sezione Nazionale di Guide dell’Ambiente Montano? Senza arrivare a tanto, si può pensare ad un coordinamento delle Guide Ambientali che operano all’interno del CAI? In un’associazione come la nostra ci deve essere spazio per tutti, per chi opera in maniera disinteressata ma anche per chi dell’escursionismo ha fatto il proprio lavoro.
Caro Gaudenzio,
tu tocchi un tema sensibile. Sono d’accordo che chi fa un’attività professionale nelle terre alte ed in particolare chi rispetta tutte le norme, debba essere visto in maniera positiva da tutti gli amanti della montagna.
Sono anche convinto che questi soggetti non devono essere visti come competitori del CAI, questo vale sia per le Guide Alpine che per gli accompagnatori professionisti, ognuno per le sue competenze. Credo che il ruolo del CAI sia di avvicinare alla montagna e non di surrogare un’attività professionale con dei volontari. Allo stesso modo per cui il CAI non è e non deve diventare un tour operator, ad ognuno il suo ruolo.
Ciò non di meno credo che non si debba mischiare, perché la cosa è molto pericolosa, il ruolo dei volontari con quello di chi, anche legittimamente, opera a livello professionale. Le Guide Alpine possono e devono essere più coinvolte a supporto delle attività sezionali, magari con accordi quadro nazionali, e ciò anche nel meritorio lavoro delle Scuole, laddove servano competenze specifiche o semplicemente dove il numero di istruttori non sia sufficiente. Quello che serve soprattutto nell’alpinismo è di aumentare l’offerta, oggi i corsi sono tutti a numero chiuso e le richieste di iscrizione sono sovente molto maggiori dei posti disponibili.
Dentro questo quadro una collaborazione è possibile e auspicabile, ma dobbiamo stare attenti a non confondere il meraviglioso lavoro volontario dei nostri soci con un’attività professionale, credo che siamo già ap-pagati con la riconoscenza di quelle persone che grazie a noi, grazie al CAI, scoprono il meraviglioso mondo della montagna.
Scusa Antonio, ma leggo solo oggi la tua risposta. Il fatto che tu classifichi il tema come “sensibile” dimostra che il problema esiste. Io non ho una risposta, ma rimango dell’idea che sarebbe positivo se in qualche modo il CAI riuscisse a valorizzare il lavoro dei soci che svolgono attività professionale in montagna, aprendo un confronto in merito. Nell’alpinismo c’è una lunga tradizione ed è forse più facile individuare dei percorsi di collaborazione, ma credo che sarebbe utile affrontare anche la questione dell’escursionismo e dell’educazione ambientale, mondo assai più ampio e vario oltre che in grande crescita. Io credo che le opportunità esistano, perché la disponibilità dei volontari è limitata, e ci sono tante iniziative pur lodevoli che però rimangono ad un livello occasionale, senza che si riesca a fare il passo avanti che potrebbe trasformarle in un’attività economica.